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Venerdì, 23 Marzo 2012 11:17

Pietra Congolo: la lunga storia di una discarica, tra autorizzazioni, sentenze e ricorsi

Scritto da Silvia Sabia

La storia della discarica di Pietra Congolo

La sentenza del Tar del Lazio e quindi il rigetto del ricorso presentato dal comune di Satriano di Lucania fanno riaffacciare l'incubo della costruzione di una discarica a Pietra Congolo, nel territorio di Satriano.

Il progetto per la costruzione di una discarica di rifiuti speciali era stato presentato dall'allora Ditta Michele Tolla SpA, oggi Tyke, nel lontano 1997 quando, nell’ambito della programmazione regionale che da facoltà ai privati di avanzare proposte di realizzazione di impiantistica per la gestione dei rifiuti, la ditta presenta la propria proposta alla Regione. La Giunta Regionale della Basilicata, presieduta all’epoca da Angelo Raffele Di Nardo, con Bubbico Assessore all’Ambiente, nonostante il parere contrario dell’Amministrazione Comunale di Satriano rilascia alla Tolla SpA l’assenso ed invita la ditta a presentare il progetto, stabilendo che i lavori avrebbero dovuto essere iniziati entro un anno. Parere positivo arriva anche dalla giunta Provinciale di Potenza e quindi nel 1998 la Giunta Regionale della Basilicata esprime giudizio favorevole di impatto ambientale.

Il termine di realizzazione della discarica di località Pietra Congolo viene poi prescritto in anni tre.

La prima battuta d'arresto all'iter autorizzativo arriva grazie ad un ordine del giorno approvato del 1998 dal Consiglio Regionale che invita la Giunta Regionale a sospendere il tutto grazie al deciso intervento delle Amministrazioni Comunali di Satriano e Tito, i Comitati locali ed i cittadini del Melandro che si oppongono alla realizzazione della discarica.

La società Tolla SpA risponde presentando istanza di proroga dell’autorizzazione.

Il 1999 è un anno di stallo nel procedere dell'iter autorizzativo che sembra subire una definitiva botta d'arresto quando la vicenda della discarica finisce con l' intrecciarsi con quella del nascente Parco dell'Appennino Lucano mentre la ditta Tolla continua a ricorrere presentando diffide e ricorsi amministrativi.

L'anno di svolta della vicenda è dunque il 2007, anno in cui viene istituito il Parco Nazionale Appennino Lucano Val d’Agri Lagonegrese che ingloba definitivamente nel suo perimetro anche Pietra Congolo.

L'incubo discarica sembra dunque definitivamente scongiurato ma non è così.

L'imprenditore Tolla, attraverso la società Tyke srl, infatti presenta ricorso per l’annullamento del DPR 8/12/2007, per far escludere i propri terreni dal perimetro del Parco, contro il Comune di Satriano, Regione, Provincia di Potenza, Ministero dell’Ambiente e Corte dei Conti (in seguito stralciata) e Consiglio di Stato presso il TAR del Lazio.

Con sentenza (la n.32805 del 13 ottobre 2010), il TAR del Lazio da ragione alla società ricorrente. (Sentenza Tar Lazio Integrale)


 Le sentenze

Arrivati a questo punto il Comune di Satriano presenta ricorso presso il Consiglio di Stato contro la sentenza del Tar. Con sentenza n.1333 dell'8 marzo 2012 - il Consiglio di Stato respinge il ricorso e conferma la sentenza del Tar Lazio dando definitivamente ragione alla società Tyke srl. (Leggi La Sentenza completa)

Il Consiglio di Stato ha dunque ritenuto fondate le ragioni che avevano portato il Tar ad accogliere il ricorso proposto dalla società ora appellata. Ma quali erano queste ragioni? Il Tar aveva riconosciuto alla Tyke “difetti nel procedimento istitutivo del Parco e contraddittorietà” approvato nel corso della Conferenza Unificata del 20 Settembre 2007, preceduta da un tavolo tecnico il 6 Luglio 2007, rilevando nello specifico: 1)“omessa valutazione dei pareri degli enti locali, contrari alla perimetrazione del Parco approvata con il decreto impugnato; ”2) “mancato intervento, in sede procedimentale, della Provincia di Potenza”.

L’art. 77, comma 2, del D.Lgs. 31.3.1998 n. 112, nel prevedere la convocazione della conferenza unificata per l'istituzione e la disciplina generale dei parchi, definisce un sistema di partecipazione collettiva alla gestione ambientale del territorio, in cui devono essere coinvolte le amministrazioni centrale e locali; criterio che nel caso specifico non sarebbe stato dunque rispettato;

3) nel procedimento di scelta delle zone da includere nel Parco, sarebbero emersi “elementi di contraddittorietà evidenti” poiché l'area interessata in base alle relazioni di accertamento preliminari sembrerebbe non avere alcun valore ambientale, anzi ne era riconosciuta la “compromissione definitiva dal punto di vista ambientale a causa della notevole presenza di attività e di insediamenti umani e di strutture industriali”, e le precedenti autorizzazioni alla costruzione di una discarica sarebbero prova tangibile di ciò.

Le motivazioni indotte dal Tar sono piuttosto chiare e in alcuni punti condivisibili, in particolar modo quando sottolineano come la scelta di perimetrazione del Parco sembra essere stata fatta senza un criterio logico oggettivamente ravvisabile, se alla fine ha portato ad includere un'area come quella di Pietra Congolo che in base a tutti i documenti passati sembra non rispondere in nessun modo a quei criteri di valore ambientale e paesaggistico che dovrebbero caratterizzare i territori di un'area protetta, avvalorando dunque il sospetto espresso dalla Tyke che il tutto sia stato fatto solo al fine di bloccare la procedura di autorizzazione della discarica. Altro elemento interessante rimarcato dal Consiglio di Stato è che il Ministero dell'Ambiente nell'approvazione del provvedimento avrebbe ritenuto sufficiente l'accordo raggiunto con la Regione, (Leggi Verbale Conferenza Unificata 20 Settembre) senza considerare invece i pareri dei comuni e della Provincia di Potenza, addirittura non chiamata alle sedute tecniche e presente con la rappresentanza dell’U.P.I. nella sola seduta conclusiva, sarebbe così venuto meno lo scopo stesso della conferenza unificata che è quello di far emergere gli interessi degli enti locali territorialmente coinvolti nelle varie questioni.


 Punti oscuri nella sentenza del Tar

Un punto che però risulta, almeno a chi scrive, oscuro, riguarda il punto numero 1. Le sentenze riprendendo il verbale della Conferenza Unificata del Settembre 2007 recitano “la conferenza unificata, nella seduta del 20.9.2007, ha espresso parere favorevole alla costituzione del Parco Nazionale dell’Appennino Lucano – Val d’Agri – Lagonegrese come definita dallo schema ministeriale di perimetrazione e i comuni del territorio si sono pronunciati nella rappresentanza unitaria dell’A.N.C.I “ma continua “nella precedente riunione del 6 luglio i Sindaci dei Comuni di Nemoli, Pignola, Tito, Satriano di Lucania, Gallicchio e Laurenzana avevano mosso riserve riguardo l’inclusione di alcune zone, tra cui l’area in proprietà della società ricorrente. Queste riserve non sono state riprodotte successivamente” e quindi “il parere favorevole è stato espresso senza valutare le ragioni di dissenso, ma semplicemente ignorandole e assorbendole in un deliberato di maggioranza. Questo nonostante che alcune delle aree incluse nello schema di perimetrazione del Parco presentato dal Ministero facciano parte del territorio dei sei Comuni che avevano sollevato dubbi sulla congruità del loro inserimento tra le zone protette, e benché lo scopo precipuo della conferenza unificata sia di contemperare gli interessi degli enti locali territorialmente coinvolti dalla perimetrazione di parchi e di riserve naturalistiche nazionali.”

Ma quali erano questi pareri discordanti? Al momento non è dato saperlo. Non siamo in possesso della trascrizione della seduta del 6 Luglio; il comune di Satriano ne ha fatto richiesta (allegato 1) ma la risposta del Consiglio dei Ministri è stata che nell'occasione non è stato redatto alcun verbale trattandosi di tavolo tecnico (allegato 2). Non avendo questo documento non possiamo dire quali siano state le riserve espresse dai comuni citati ma ritornando a Pietra Congolo e a Satriano di Lucania, qualcosa non quadra.

Non si capisce per quale ragione il Comune di Satriano avrebbe dovuto muovere “riserve riguardo l’inclusione di alcune zone, tra cui l’area in proprietà della società ricorrente”, considerato che, il giorno 5 Luglio 2007 con Delibera Comunale (allegato 3), il Comune aveva chiesto il reinserimento dell'area in questione nei confini del Parco, dopo avere ricevuto la bozza di perimetrazione che escludeva Pietra Congolo? Evidentemente invece quella richiesta era stata accolta (allegato 4) se nella perimetrazione definitiva del Parco della Val D'Agri era stata inclusa anche Pietra Congolo.


 Quale futuro per Pietra Congolo?

 

2012-03-23_12.51.35Ma lasciamo da parte leggi e sentenze e veniamo al dunque. Cosa significa in definitiva tutto ciò per il territorio di Satriano di Lucania? Qual è dunque il prossimo passo nella lunga vicenda nella discarica di Pietra Congolo?

E' chiaro a tutti, che venendo meno la protezione del Parco si è sfilata quella coperta che in questi ultimi anni aveva bloccato l'iter autorizzativo della discarica, ma è chiaro allo stesso tempo che le sentenze di per sé non rappresentano un Ok a procedere.

Non esistono al momento autorizzazioni alla costruzione di una discarica nel territorio del comune di Satriano, le autorizzazioni avviate in passato sono da tempo scadute, e non è detto che ce ne saranno in futuro, e non si conoscono al momento le intenzioni di Tyke, la quale, sicuramente, in questi anni si è data molto da fare per avere ragione delle amministrazioni locali e statali, e non lo avrà fatto certo per perdere tempo.

Anni di ricorsi e battaglie legali non avrebbero senso se ora la Tyke si accontentasse di vedere i propri possedimenti fuori dal Parco dell'Appennino Lucano per non farli “fruttare” in qualche modo. E chissà se vorrà ricominciare da dove tutto era iniziato nel lontano 1997 o forse più sensatamente vorrà avviare una richiesta di risarcimento danni contro tutti i soggetti che in questi oltre 15 anni hanno rallentato e bloccato, in maniera non regolare stando alle sentenze, un procedimento di autorizzazione che certo alla società sarà costato tempo e denaro.


 

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