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IO NON HO PAURA. Il cinema di Gabriele Salvatores

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 Corre l’anno 2000 e Gabriele Salvatores rapito dall’inaspettato e brullo paesaggio del Vulture-Melfese decide di ambientarvi qui “Io non ho paura”

Assolati campi di grano, panorami bucolici e “paesaggi dell’anima” ridanno vita alla storia già narrata dal giovane scrittore Niccolò Ammaniti e riprodotta fedelmente nella sua meravigliosa trasposizione cinematografica da Salvatores.

E’ la storia di Michele Amitrano, 10 anni, dai tratti fieri e sicuri, che, in un caldissimo giorno d’estate degli anni Settanta, mentre è alla ricerca degli occhiali della sua sorellina, si imbatte in una casa abbandonata tra il frumento maturo. In questa casa, dentro ad un pozzo scavato nel terreno, trova Filippo, un suo coetaneo, rapito e imprigionato nella più cupa disperazione. Un segreto pauroso quello di Michele, un segreto triste e oscuro che gli cambierà la vita. Spighe e spighe di grano. Il giallo oro, colore predominante, conquista ancora più forza e intensità nel contrasto con il blu del cielo. Filippo non vede più, il buio della sua prigione gli ha rubato la vista. Mostri, non esseri umani, i responsabili di quell’atrocità. Michele, tutti i giorni, corre da Filippo. Gli porta da mangiare. Gli parla. Gli dà coraggio. In televisione, la famiglia di Michele e la banda di rapinatori segue con affanno l’evolversi della vicenda. Un Sud baciato dal sole dove ad un bambino è stata rubata l’infanzia. La tensione aumenta e culmina in un finale sorprendente, diverso dall’omonimo romanzo. Michele scopre il suo coraggio. Michele “non ha paura”.

Gabriele Salvatores, con la sceneggiatura dello stesso Ammaniti, dimostra un vigoroso senso del cinema nella ben riuscita affermazione di un punto di vista forte delle inquadrature che tiene in pugno tutta la costruzione visiva del film, riproducendo l’incalzante incedere letterario dello scrittore.

Un ottimo Diego Abatantuono, nei panni del papà di Michele, conquista il Nastro D’Argento come Miglior attore non protagonista. E ancora Nastro D’Argento a Gabriele Salvatores, come miglior regista. Nel 2004, David di Donatello a Italo Petriccione come miglior direttore della fotografia.

 

Prendere l´autostrada Napoli-Bari, uscire a Candela e puntare verso Sud.

E s´incontreranno colline di grano a perdita d´occhio. E’ il luogo dell’anima.

Il profondo sud d’Italia, la Magna Grecia, un’Italia spesso dimenticata,

dove ancora resistono le suggestioni del mondo poetico-contadino si sono

prestati come scenari perfetti per incarnare Acqua Traverse, il suggestivo

luogo descritto da Niccolò Ammaniti nell’omonimo romanzo che ha dato

vita al film.” Gabriele Salvatores

 di Mariapina Fortuna

 

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